Un fascio di luce

Tantissimi anni fa, passeggiando per Lisbona, lungo la foce del Tago, prima che il fiume si riversi nell’Atlantico, mi imbattei in una piccola struttura avveniristica, costituita da un laghetto artificiale con al centro una costruzione triangolare protesa verso il cielo: è il Monumento ai Combattenti dell’Oltremare e fu eretto per ricordare i militari portoghesi che combatterono e morirono nelle guerre d’Africa, dal 1961 al 1974, in Angola, Mozambico e Guinea.

Intorno alla struttura , il marmo riporta, in sequenza, i nomi dei 9.000 caduti e poi null’altro se non il silenzio, interrotto a volte da un soffio de vento, dal lontano sciabordio dell’acqua del fiume, dai comandi del periodico “cambio” dei militari in perenne guardia d’onore. Il tutto in netto contrasto con il rumore, il traffico e la folla dell’animato quartiere di Belèn.

Una piccola oasi inaspettata in cui ti imbatti quasi all’improvviso. Il tuo sguardo corre dal monumento all’acqua del fiume che scorre verso il mare e vieni rapito dal fascino della storia e dalle memorie di questa piccola grande  Capitale e del piccolo Portogallo, sottile striscia di terra schiacciata tra il gigante spagnolo e l’immensità dell’Oceano. E ti chiedi come poteva questa gente non tentare, nei secoli, la sorte e non guardare verso l’Atlantico e le Nuove Terre, verso quell’Oltremare che è stato, un tempo, vita, miraggio, possibilità, conquista, mistero e speranza per tutto un popolo.

Un Faro, alla fine della foce del Tago, segna il confine con le acque. Al di là, il mare aperto, con le sue storie di esploratori, commercianti, avventurieri, conquistatori e soldati.

E poi i ricordi ti prendono per mano….

Sono in Norvegia, al di là del Circolo Polare ed il piroscafo postale dei Fiordi si avvicina alle isole Lofoten. Sono le tre di notte, ma la luce, a quelle latitudini, è crepuscolare. Le isole si avvicinano, viste dal mare sono bellissime ed affiorano in solitudine, circondate dalle acque.

Un Faro anche qui, in lontananza. Non c’è oscurità, tutt’altro, ma il Faro è luminosissimo ed indica la rotta per l’ingresso nel porto. Chissà da quando è lì, ma svolge sempre la sua funzione alla perfezione, perché ancora oggi, come già in passato, i Fari continuano ad essere le vere sentinelle del mare e delle coste. Nel nostro immaginario hanno acquisito un posto particolare, un fascino speciale, perché sono in grado di raccontare la storia dell’Uomo, ma anche tante storie comuni e non di gente comune, ma non solo. Sono diventati un simbolo, un’idea – addirittura – che da sempre ci intriga perché ha in sé il senso della solitudine, ma anche quello della forza interiore che riesce a guidare gli uomini in difficoltà, che li spinge a superare le asperità della vita, ad evitare i pericoli che si annidano fuori e dentro noi stessi.

Hanno ispirato artisti, scrittori, poeti, cantastorie e bardi, queste torri slanciate, spesso edificate in luoghi impervi e difficili proprio per essere visibili da lontano e guidare verso la rotta più sicura. Quanto potremmo ancora raccontare a noi stessi dell’altruismo romantico di queste strutture che indicano porti da raggiungere, secche da evitare, scogli, vortici e certezze e che conoscono, nel loro muto linguaggio, tutte le leggi del mare e mai saprebbero abbandonare gli uomini ad un destino crudele! Sono romantiche sorgenti di luce nate per orientare la gente di  mare, sì, ma nel segreto linguaggio dello Spirito sono metafore, sono fratelli maggiori, amici, amanti in grado di guidare ognuno di noi nel momento del bisogno, per trarlo al sicuro, fuori dai pericolosi gorghi in cui l’anima, a volte, rischia di sprofondare.

Intorno a loro ed alla loro storia ruota un universo intero fatto di racconti, ballate simboli e tradizioni  in cui la Fiaba si intreccia con la Storia e la realtà con il sogno, a seconda del “genius loci” e delle identità culturali di cui sono espressione. Non elenchiamoli, perché non meritano una classifica, non descriviamoli, perché non hanno bisogno di essere raccontati,  ma diciamoci tra noi, sommessamente, che sono tutti meravigliosi perché emanano la luce calda della Vita e sanno parlare alle menti ed ai cuori.

Ed allora pensiamo a loro con affetto, accarezziamoli con il nostro sguardo interiore per come sono e lasciamoci condurre da loro: dalle coste Bretoni all’Irlanda, da Otranto alla Sicilia, da Venezia alla Dalmazia, da Istambul alle isole del mare Egeo e poi fino a Gibilterra ed oltre, fino ai Mari del Sud e verso Capo Horn. La loro luce ha accompagnato ideali, azzardi, desideri, sogni ed avventure ed è stata avvistata da balenieri, naufraghi, trafficanti, militari, pescatori e pirati. Ma alla fin fine , ciò che più conta, è che resti ben custodita in quello scrigno segreto che è in ognuno di noi.

Ed allora teniamocela stretta questa Luce, facciamolo con tutte le nostre forze perché “ possiamo perdonare un bambino che ha paura del buio, ma la vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della Luce” (Platone)

Michele Chiodi, già dirigente di istituti finanziari, collabora con periodici e associazioni culturali

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