Un segno di civiltà: le Stanze del Silenzio negli ospedali.

Gradualmente, ma spero inesorabilmente, si sta facendo largo una medicina olistica, sempre più attenta ai bisogni soggettivi e ai vissuti emotivi dei pazienti e dei loro familiari, alla comunicazione, all’integrazione dei saperi interdisciplinari contro un modello di iperspecializzazione, spesso tecnologicamente all’avanguardia ma fredda e spersonalizzante.

Si tratta di impostazioni culturali che, nelle loro versioni estreme, sono profondamente incompatibili, da cui derivano prassi operative assai diverse. Ovviamente, il confronto è tuttora aperto ed inutile dire che dalle posizioni culturali il discorso si trasferisce poi ad un piano ove gli interessi commerciali e economici sono estesissimi. Anche la creazione di questa rivista risponde sostanzialmente all’esigenza di rappresentare e diffondere questo modello di medicina umanistica.

     Un altro esempio che va nella stessa direzione è la realizzazione, in diversi ospedali italiani, di sale multiculto. Si tratta di ambienti creati affinché i pazienti di fede o confessione diversa da quella cattolica possano trovare raccoglimento e accoglienza spirituale. Essi sono prevalentemente organizzati come spazi vuoti, arredati solo con sedie lungo le pareti, talvolta con tappeti e una bussola a disposizione dei credenti di fede musulmana. Altre volte, si tratta di ambienti che contengono riferimenti a diverse confessioni religiose, esposti in mobili simili a librerie. All’estero spazi simili sono nati prima in contesti come gli aeroporti internazionali, frequentati da passeggeri di tante nazionalità, e si sono poi diffusi in contesti pubblici, come appunto le strutture sanitarie.

      In Italia, sono state inaugurate nel 2013 la Sala del Silenzio dell’A.O. Universitaria Sant’Anna di Ferrara e nel 2014 quella dell’Ospedale Santo Stefano di Prato, città a forte vocazione multietnica. Sono state le prime realtà e nel corso degli anni spazi simili sono stati realizzati nell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, nell’Ospedale Civico di Palermo nel Centro Oncologico. Per quanto mi consta, si sono dotate di sale multi culto anche la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori e la Fondazione Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico a Milano, l’Ospedale San Giovanni Battista-Molinette e l’A.O. Ordine Mauriziano di Torino ed a Roma l’A.O. San Camillo Forlanini di Roma e l’A.U.S.L. Roma E – Ospedale S. Spirito.

     La creazione di sale multiculto nasce dalla consapevolezza ormai sempre più diffusa di quanto il concetto di salute comprenda non solo il benessere psicologico e relazionale dell’individuo ma anche la dimensione spirituale della salute. Ripensare le modalità di accogliere ed assistere i pazienti con una particolare attenzione agli aspetti spirituali diventa quindi una necessità per garantire un pieno diritto alla salute di ogni paziente. I riferimenti legislativi, nazionali e sovranazionali in tal senso sono numerosi.

      Garantire a tutti, a prescindere dalla fede religiosa, uno spazio per la preghiera, la meditazione o il raccoglimento è dunque un segnale di civiltà importante, che arricchirebbe, soprattutto nelle realtà urbane maggiormente multietniche, la nostra capacità di garantire accoglienza e assistenza multiculturale. Ovviamente, la creazione di sale multi-culto non va a scapito dei credenti cattolici e l’appartenenza della religione cattolica nella nostra quotidianità è un dato di fatto. Così come l’educazione all’accoglienza, il rispetto della diversità ed il pari diritto alla cura sono valori fondanti della nostra collettività ed affermati a più riprese dallo stesso Papa Francesco.

      Lo scorso anno, in tempo pre-covid, avevo proposto alla Direzione Generale dell’A.O. dei Colli la realizzazione di uno spazio analogo anche presso l’Ospedale Cotugno che, trattando di patologie infettivologiche, storicamente ha una grossa tradizione di assistenza multietnica ai pazienti.

      La proposta, che io intendevo legittimamente sorta da un’unità operativa di psicologia, fu accolta positivamente ma l’uragano covid, con le necessità di isolamento e con la ristrutturazione degli spazi del Cotugno, ha necessariamente fatto accantonare il progetto.

      Tuttavia, se l’attenzione alla pandemia del covid19 può apparentemente rendere marginali tali iniziative, in realtà essa ha anche messo in primo piano, come mai nel passato, la necessità di una cura globale delle persone da noi assistite, proprio come segno distintivo della nostra civiltà.

      Chi è interessato a tale tematica può far riferimento al Gruppo nazionale di Lavoro per La stanza del Silenzio e dei Culti, che da anni meritoriamente raccoglie gli operatori più attenti a questo tema, fornendo informazioni scientifiche, eventi formativi e coordinamento per la diffusione di iniziative volte all’accoglienza in ospedali, carceri, università.

Alberto Vito psicologo-psicoterapeuta direttore del reparto di Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera dei Colli 

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