Un tocco d’affetto. Un infallibile sostegno per vincere. Le iniziative solidali.

Incontro Giuseppina Manganelli, autrice di Un tocco d’affetto. Un infallibile sostegno per vincere, a distanza di qualche mese dalla pubblicazione del suo libro. Le chiedo di rilasciarmi un’intervista per parlare con lei di una sua importante attività di solidarietà.

Il tema del libro è molto delicato in quanto Giuseppina Manganelli è una paziente oncologica la quale ha scelto, mediante la particolare forma del diario, di scrivere la sua storia non tanto, come lei stessa scrive nell’introduzione del volume, per raccontarne il suo aspetto buio, quanto per esprimere ciò che di buono e di umano si può trarre da un’esperienza del genere.

Così l’Autrice riferisce, innanzitutto, della sua reazione nel momento in cui ha appreso della malattia ma, in particolare, di quella degli altri. Familiari, parenti, colleghi e conoscenti hanno immediatamente attivato una rete di vicinanza per sostenerla e per produrre quei meccanismi di difesa e di resilienza assolutamente necessari per combattere contro una malattia invasiva come il cancro.

La sua opera, quindi, è la raccolta immediata di messaggi, telefonate e azioni di coloro che per affetto le sono stati, e continuano ad esserlo, vicini.

Sentirsi importante per gli altri, capire di essere voluta bene e comprendere anche che la vita ha tanti aspetti che non sempre riguardano la quotidianità, fatta di azioni come il lavoro, la famiglia e le relazioni sociali, hanno contribuito a infonderle forza e coraggio per perseverare nella sua lotta senza abbattersi. Molto spesso gli ammalati si ritrovano da soli a vivere l’esperienza della malattia e finiscono con il cedere perché manca loro il sostegno degli altri.

In questo la nostra Autrice è stata fortunata perché non è mai trascorso un giorno in cui non abbia ricevuto qualcosa dagli altri.

Un libro è una scrittura privata che si consegna ai lettori. Il suo diario riguarda un fatto intimo, cioè la sua esperienza di ammalata di cancro, come mai ha deciso di pubblicarlo?

Avevo due obiettivi principali: il primo è stato quello di aiutare il prossimo ad affrontare il percorso della malattia e della cura; il secondo era quello di rendere consapevoli gli altri, le persone intorno a lui, di quanto sia importante sostenere un ammalato nonché quali sono i modi per aiutarlo.

Infatti, nel suo libro lei non racconta della malattia…

Sì ho cercato di avere un po’ di rispetto per quelle persone che non ce la fanno a leggere un libro che parli di malattie, penso che non lo leggerebbe nessuno.

Così ha preferito affrontare altri temi quali quelli della resilienza, del sostegno, della forza dentro di sé

Sì, perché così facendo ho cercato di aiutare in qualche modo anche gli altri

Tra le pagine del libro vi è quella in cui lei scrive:

In una chat di messaggistica spiego al collega Edoardo che la terapia, a lungo andare, potrà causarmi più affaticamento e che temo di non avere la forza fisica per dedicarmi adeguatamente al lavoro. Mi preoccupano anche la mia emotività e il mio benessere psicologico. Eduardo mi conforta dicendo che sono il sole per i colleghi e che essi saranno tutti (circa quaranta) pronti ad aiutarmi o a sostituirmi in qualunque momento. Il collega è riuscito a strapparmi un bel sorriso e a infondermi serenità, una sensazione che deve essere continuamente alimentata.

Questo è proprio un tipico esempio, tra i tanti, del sostegno che lei ha ricevuto e dal quale, leggendolo con la dovuta attenzione, emergono chiaramente alcune preoccupazioni come quella di non avere tanta forza fisica e psicologica per dedicarsi al lavoro, per cui il collega è subito pronto a dire qualcosa che le possa portare serenità.

Indubbiamente la vita di un ammalato cambia dal momento in cui si viene a conoscenza della malattia e poi continua a modificarsi per tutto quello che comporta.  Per lei come è stato il passaggio da quella che poteva essere la vita normale, come lei spesso scrive nel libro, a quella di paziente oncologica?

Appena accadde fui presa dalla paura di non farcela. Mi confortava il fatto che comunque il tumore al seno rispetto agli altri è più gestibile per cui durante i mesi di terapia pensavo di potermene un giorno liberare anche se avrei dovuto periodicamente sottopormi a degli accertamenti. Pensavo di aver superato tutto, quando ho avuto, invece, la prima metastasi nel novembre del 2019 e ho capito che l’incubo non era finito e che davvero la mia vita era cambiata. Ero affetta dal tumore Triplo negativo che è molto aggressivo e non mi sarei potuta più dedicare a tutto ciò che facevo prima, a partire dalle vacanze, allo svolgimento delle faccende domestiche, al lavoro, come anche partecipare alla vita sociale e curare i rapporti interpersonali. Con il sopraggiungere della pandemia da Covid 19 non ho potuto più incontrare tante persone e molte altre hanno avuto tanti problemi.

Parliamo ora di questa sua iniziativa riguardo agli incassi del libro. Lei ha pubblicato con Amazon, quindi in selfpublishing. In seguito cosa ha deciso di fare?

Avevo deciso, fin dal primo momento, che avrei devoluto alla ricerca mediante associazioni che combattono il cancro. Così a gennaio 2023  ho donato gli incassi della vendita del mio diario alla Fondazione ONCOTECH che promuove la ricerca clinica per la lotta contro i tumori, con l’obiettivo di migliorare l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti oncologici.

Penso che la ricerca sia fondamentale perché dobbiamo cercare di lavorare non solo per la prevenzione ma anche per trovare dei mezzi per non far soffrire  sia per la malattia che per le terapie, in quanto le terapie a volte sono devastanti più del tumore stesso.

Nonostante tante persone mi siano state vicine ho capito che molte volte non si riesce a comprendere fino in fondo la sofferenza del prossimo e di chi lo assiste per cui se si può fare qualcosa per alleviare le sofferenze agli altri che ben venga.

Come mai ha scelto proprio Oncotech?

Perché del comitato tecnico-scientifico fa parte anche il mio medico che è il primario di senologia oncologica dell’ospedale Pascale di Napoli. Attualmente, invece, con il ricavato della vendita del libro a partire dal mese di febbraio, mi è piaciuto coinvolgere anche un’associazione della mia città che è l’AMDOS di Avellino. In collaborazione con la farmacia Autolino di Avellino e Capozzi di Atripalda (AV) vogliamo donare dei buoni farmacia agli ammalati oncologici indigenti. Abbiamo pensato a questo tipo di iniziativa perché l’abbiamo vista molto concreta in quanto il problema della malattia tocca l’ammalato e la sua famiglia sia dal punto di vista fisico e psicologico che organizzativo e finanziario, in quanto tanti farmaci per curare gli effetti collaterali sono a pagamento e quindi ci sono tante persone che non possono permetterseli.

Rispetto a tutto quello che ha vissuto che cosa le piacerebbe che cambiasse?

Vorrei maggiore partecipazione della società civile, sia come consapevolezza che come aiuto materiale e economico per chi soffre. A volte sprechiamo i soldi e poi siamo riluttanti a fare le donazioni, mentre si potrebbe effettivamente fare qualcosa per gli altri. Purtroppo c’è ancora molta indifferenza e disinformazione a riguardo della malattia.

Augurandoci che questa nostra intervista possa fare un lungo giro che cosa vorrebbe dire agli ammalati?

Innanzitutto dobbiamo fare una premessa facendo una distinzione anche tra gli ammalati. Esiste il malato oncologico che non ha speranze, e lo sa, ed ha una vita molto breve con tante sofferenze e poi c’è il malato oncologico che può vivere anche per molti anni vivendo una vita anche accettabile. A tutti dico di non mollare e di vivere con dignità il resto della loro vita, cercando di far venire fuori il meglio di sé, se e quando si può in quanto non tutti possono fare, ad esempio, ciò che ho fatto io in questi ultimi anni.

Invece agli operatori del settore cosa direbbe a partire dai volontari a finire ai medici e ai luminari della scienza?

Direi loro di trattare il paziente con umanità, come molti già fanno, con comprensione e di non essere soltanto un professionista ma essere prima di tutto una persona.

Auguri di vero cuore a Giuseppina Manganelli. Che la sua perseveranza possa accompagnarla sempre.

Maria Paola Battista, Sociologa, editor e giornalista, scrive recensioni di libri e interviste agli autori per varie testate.

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